Davide Cammarata Architetti

Quadrolina

Quadrolina

Luogo
Caltanissetta

Anno
2021-22

Superficie
90 mq

Fotografie
Salvatore Gozzo

Quello che il progetto non dice

Reso abitabile ciò che non era, ho atteso che questo lavoro si raffreddasse e che la casa fosse “contaminata” dalla vita.
Adesso possiamo scattare qualche foto.

Durante le riprese ho la sensazione che la scena sfugga all’inquadratura come fa un
anguilla tra le mani e per quanto ci si sforzi di mettere in posa la casa, le variazioni dello spazio rimangono sardonicamente ineffabili: non capisco se è una debolezza o un punto di forza.

Mi sovvengono alla mente tutte quelle ore impiegate alla rinuncia dell’invenzione e dell’originalità in favore di un dettaglio ben risolto, eppure sento, di non avere rinunciato alla creatività. Noi ci sentiamo creativi quando riusciamo ad intercettare un bisogno e lo trasformiamo in opportunità.

Adesso che con incoscienza scrivo, penso alla fatica del leggere e all’attenzione che richiede. Io, quando leggo, non vedo parole ma persone, cose e paesaggi. Cos’è allora progettare se non disegnare la traccia dei nostri pensieri che mettono insieme proprio le persone e le cose, sullo sfondo di un paesaggio che coincide quasi sempre con l’imprecisione della vita?


Finalmente arrivo a casa. Entro, mi tolgo le scarpe, le lascio dove capita. Poggio il cappotto sul divano e corro a sbirciare dentro il frigo. Tutto rimane in ordine. Ogni cosa è al posto giusto come ci fosse sempre stato.


Mi siedo sul divano, guardo la poltrona e vedo mio padre; mi torna in mente quella canzone di De Gregori:

abbiamo costruito questa casa senza tetto e pavimento,
e ci faccio quattro porte per i punti cardinali
e ci faccio quattro porte che ci possa entrare il cane quando sente i temporali.


Non vedo l’ora che arrivi il temporale penso, cosi il cane mi verrà a fare compagnia nella piccola stanza con la betulla alle pareti. Noi ci abbiamo messo un divano, una scrivania e due lampade disegnate da Charlotte Perriand; e ancora quella canzone:

E ci pianto quattro spine
quattro spine dolorose

E ci pianto quattro spine e quattro rose

che raccontano la vita che raccontano l’amore

quattro spine e quattro rose

da portare dentro al cuore…


Mi alzo. Lascio il cane nella stanza. Uscendo vedo la mia immagine casualmente riflessa sulle “quadroline” di vetro: è la “book” disegnata da Titti Fabiani. Su di essa la luce si riflette e di continuo cambia. Tutto è paesaggio in questa casa, compreso la disposizione degli oggetti custoditi da queste lanterne che ipnoticamente si ripetono. Anche questa semplice e “antica” credenza mi invita a riflettere su quel sottile equilibrio tra forme e colori, pieni e vuoti, ordine e armonia.

Ho voglia di dormire, vado in bagno. Quasi mi arrabbio, perché ogni volta il mio sguardo viene rapito da quel diabolico ritaglio sul vetro che costringe la mia attenzione. Un’altra dannata “quadrolina”, un altro paesaggio inaspettato, la città, la cupola della cattedrale. Avvicino i miei occhi: “ma cosa cerco” mi chiedo e di nuovo, mentre guardo fuori, ritorna quella dannata canzone:

E ci metto quattro vigne,
per il vino di Settembre…
E ci metto la scommessa,
che ti voglio amare sempre.